giovedì 27 novembre 2014

" E TU QUANDO LO FAI UN FIGLIO?" COSE CHE SUCCEDONO AD UN' AMICA NULLIPARA.

Mentre noi mamme siamo qui a chiederci perché il pediatra non risponde mai al telefono, c’è ancora la nostra amica senza figli per scelta o no che si chiede perché da quando abbiamo partorito in qualche modo è cambiata anche la sua vita e non di certo in meglio.

Alle cene a casa di amici, lei è sempre presente ma in realtà odia i nostri discorsi e vorrebbe essere altrove. E’ una vera amica, perché subisce per tre ore consecutive i nostri racconti su parti estenuanti con travaglio di 48 ore  e l’unica cosa che le viene in mente in quel momento è che preferirebbe guardare la partita Bari-Ternana con gli uomini pur di dare riposo alle proprie orecchie.

Quando noi mamme siamo in gruppo, la sua situazione peggiora. Iniziamo a sovrastarci l’una con l’altra su quale sia il miglior omogeneizzato  ad agricoltura biologica in commercio, sul colore preciso della prima pupu o peggio ancora sull'estrazione della nostra placenta ed è proprio in quel momento che lei sta valutando seriamente  l’invenzione di un preservativo in cemento armato.
 Cerca inutilmente di spostare il discorso su altri argomenti come lo shopping natalizio su Privalia o l’ultima tecnica di colorazione per capelli, ma noi che non ci facciamo una tinta dal giorno del test di gravidanza, la guardiamo come fosse un’aliena e con quella espressione di chi pensa “ ed ora cosa c’entrava?”.

Quando diventiamo mamme, la nostra povera amica, perde la sua vera identità. Dal giorno del nostro parto non ha più un nome, ma diventa  “la Zia”, e si, anche quando si parlerà di sesso sfrenato. Come a dire che lei sarà per sempre  la zia del pelo incolto, con la sigaretta in bocca e la voce rauca che mai nella vita avrà dei figli. Ma lei sta affrontando un lutto, quello nostro, che ci siamo trasformate da compagne di sbornia del venerdì sera ad “ aiutami ad alzare questo maledetto passeggino che ho la cervicale infiammata”.
 
pianetamamma
Si sente additata quando al mare per sbaglio le esce un seno dal costume, mentre noi non ci facciamo alcun problema a tirar fuori le nostre tette da mucca Carolina rigonfie di latte in pieno sabato pomeriggio al centro commerciale.

Quando vogliamo invitarla a cena, le mandiamo un whatsapp più o meno così :
” Zia vieni a cena da me stasera? Mamma sta preparando tante cose buone” .
 La nostra amica a quel punto è indecisa se rispondere:
 “ Stammi alla larga tu e quel genio di tuo figlio che scrive messaggi a sei mesi” o “ certo amore di zia, verrò sicuramente a mangiare quelle schifezze macrobiotiche che prepara tua madre”.

Inventa scuse assurde per non ritrovarsi al compleanno dei nostri figli, tipo “ho la  febbre a 40 a ferragosto”, o “ devo sbrinare il freezer che mi si è allagata a cucina”  e quando le domandiamo con espressione schifata come fa ancora a dormire fino le 13:00 la domenica mattina, si chiede se siamo invidiose delle sue ore di sonno o se semplicemente cretine.


Ma il peggio per lei arriva quando le chiediamo : “ E tu? Quando lo fai? E lei vorrebbe tanto risponderci “ Ora che ho visto voi, MAI !” ed esce in balcone per fumare una sigaretta, che vede oramai come la sua unica ancora di salvataggio più che un mezzo di morte sicura. 

mercoledì 21 maggio 2014

CUCINA E DINTORNI

Torno oggi dopo non mi ricordo quanto tempo. Tempo passato a liberarmi dagli scatoloni del mio ennesimo TRASLOCO con l'accortezza di liberarmi anche dalle mille cianfrusaglie degne di un'accumulatrice seriale, compresi  i fazzoletti sporchi e accartocciati di mille raffreddori fa, SI.
Ma sarà stata la mente occupata dal pensiero di sistemare casa, saranno state le ore passate da Ikea a scegliere cose MAI acquistate, o le giornate passate a guardare siti di cucine, che della moda non me ne è potuto fregare una ceppa. Non mi hanno fatto ne caldo ne freddo nemmeno Victoria Beckham con quell'abito favoloso al Met Gala, nemmeno la Croisette, nemmeno un buono di Hm da 100 euro.
Sarà stata colpa della mia benedetta cucina che si è fatta aspettare per più di un mese, ma in questo periodo ho sognato di cucinare piatti straordinari e di diventare una cuoca stellata che nemmeno Massimo Bottura. Colpa anche del gas che mi hanno allacciato solo pochi giorni fa, ho dovuto inventare mille piatti da fare al forno, addirittura il riso. Questa necessità, mi ha portata a vedere e ad appassionarmi a mille programmi di cucina; che poi non è difficile su Sky, fanno solo quelli.
E da qualche giorno, dopo tre mesi di astinenza da pasta secca, ho ricominciato a spadellare come una forsennata e a sentire il sapore del soffritto. Come potrebbe MAI importarmi del ritorno dello zainetto o del matrimonio della Kardashian, quando davanti  ho finalmente un'amatriciana piena di sugna?

Questo per dirvi che se non mi sentite parlare di moda E' TUTTO OK, non ho preso una botta in testa.
E mentre mi muovo per rivoluzionare un po il blog, vi consiglio un sito di cucina molto carino, una sorta di community dove si possono condividere ricette e scoprirne tante semplicemente inserendo gli ingredienti, oppure salvarsi la vita con l'opzione "svuotafrigo" che non guasta mai, visti i tempi di crisi (grazie a http://www.live-from-here.com/ per il suggerimento).
Il sito si chiama MY COOKIN ed ovviamente io sono già iscritta !





venerdì 28 marzo 2014

E' TUTTA UNA QUESTIONE DI SELFIE.

Questo post nasce dall'esigenza di fare chiarezza su un argomento che ultimamente è di moda: la questione selfie e relativo narcisismo.
Tutto è nato perché tempo fa, avevo letto da qualche parte che è scientificamente provato che allo specchio ci vediamo più belli del 75 %. Se ci pensate è una cosa gravissima e con questa notizia ammetto di aver mandato in depressione qualche mia cara amica. Ora non vi voglio rovinare il venerdì, ma pare che allo specchio, il nostro cervello elabori una serie di dati per cui ci fa vedere più belli e la percezione di noi stessi risulti diversa. Poi mettiamoci, la posa più congeniale, lo sguardo più intenso, l'apnea che toglie la pancia e anche il brutto anatroccolo, ha qualche speranza di vedersi bello almeno per un attimo. La cosa spiegherebbe quel triste momento (e prima o poi arriva per tutti) in cui veniamo taggati su Facebook per ragioni sconosciute e in cui ci vediamo irrimediabilmente CESSI. Quel maledetto tag, ci costringe a vederci come realmente siamo e la cosa ci lascia un amaro in bocca per tutta la giornata.
Purtroppo su questo non ci piove: la fotografia spontanea, a meno che non sia modificata con qualche effetto speciale, ci dice la verità su come siamo e su come la nostra fisicità viene percepita dagli altri.


Un minuto di silenzio per chi viene taggato su Facebook in circostanze sconosciute e su foto che non ricordava.

Ma la questione è un'altra. Magari capita quel giorno in cui ci guardiamo allo specchio e ci vediamo carini e piacevoli; per le ragazze vale una bella messa in piega fatta il giorno prima o un bel trucco fatto bene, e per i ragazzi, una barba curata, una pelle abbronzata e più riposata; insomma quell'elemento in più che ci fa percepire che oggi effettivamente, siamo più belli del solito. E SCATTA LA SELFIE, non ci possiamo rinunciare.
Attiviamo la telecamera interna del nostro IPhone per scattare la selfie del secolo e...brutta sorpresa: siamo gialli tendenti al grigio, le occhiaie non si sono coperte e abbiamo un'espressione simile a quella di un pesce tonno.

Lily Allen in posa pesce tonno

Ora a questo quesito voglio che mi risponda qualcuno. Togliendo la teoria del 75 % più belli allo specchio, qualcuno mi sa dire se realmente siamo come risulta dalla fotocamera interna del cellulare? O magari c'è una nuova teoria che spiega scientificamente come non sia possibile trasformarsi da essere vagamente piacevole a Sloth dei Goonies?

Ah dimenticavo...
Un minuto di silenzio per chi si vede cesso anche allo specchio.

giovedì 27 marzo 2014

DI COME BRUCIO UNO STIPENDIO DA ACQUA E SAPONE

Ogni mese mi trovo difronte al problema della spesa dei detersivi, una spesa necessaria che va affrontata con una certa cautela, soprattutto se si va da Acqua e Sapone. Un nome di un supermarket   all'apparenza innocente ed invitante ma che nel giro di due minuti mi trascina ogni volta verso un punto di non ritorno. All'entrata non si trovano i cestini, ma i carrelli, cosa che dovrebbe essere già presagio di quello che accadrà. Perciò entro e come sempre, prendo il carrello ripetendo a me stessa che devo prendere giusto quelle due cosine e andare via.
Da Acqua e Sapone ci sono sempre le maledette offerte, quelle che se vado la settimana dopo, ne trovo una migliore e  inspiegabilmente voglio aderire anche se ho casa già invasa da Dixan alla Lavanda. Appena entro, mi trovo nel reparto candeggine, ma con aria di sfida lo sorpasso a testa alta.
Poi più avanti, il primo tranello: confezione di tre detersivi panni Sole  a soli 5.99 €.: caspita è
un' offertona, la prendo, tanto le lavatrici sono come i rotoloni Regina, non finiscono mai. Uh! ecco, prendo il rotolone Regina, brava che mi sono ricordata.
 Il reparto ammorbidenti è terapeutico. Ci passo più di 10 minuti a sniffare Coccolini Sensation di tutti i tipi e proprio non resisto, prendo di nuovo quello alla campanula selvatica.

Carrello pieno per metà.



Dopo aver preso giusto qualche altra cosa strettamente necessaria come sacchetti per la spazzatura, tovaglioli, piatti di carta, deodoranti per casa, per cassetti, per lavastoviglie, e per ascelle, salviettine intime, ecco che arrivo al reparto pericoloso: bagnoschiuma, shampoo e creme. Nel cesto delle maledette offerte, trovo di nuovo il Fructis, ne prendo uno per ogni colore e non ci penso più almeno per i prossimi tre mesi.
Maledetta tutta la Garnier.
Io non uso mai la crema per il corpo ma solo Olio di mandorle, ma il profumo della Leocrema all'olio di Argan è troppo buono e ne prendo una confezione, tanto costa solo 1.99 €, semmai la uso in palestra (sempre che mi venga in mente di andarci).

Poi, botta finale, e il signor Acqua e Sapone sa di cosa parlo. Il reparto trucchi e profumi, messo li appositamente vicino alle casse, per far abboccare pesciolini disorientati dal profumo del coccolino come me. Come sempre, mi spruzzo addosso una quintalata di  Acqua di Giò consumando mezzo flacone prova e poi do un'occhiata veloce ai trucchi. Cavolo però, mascara ciglia finte a metà prezzo, questa non ci voleva. Lo prendo, io metto quintali di mascara.
Porca miseria, stavo per dimenticare i dischetti leva trucco, quelli grandi, altrimenti ne devo usare mille.

Arrivo alla cassa, profumata da Armani e inebriata di coccolino. Il carrello è ormai irrimediabilmente pieno e non posso più tornare indietro. "Sono 79,90 € grazie !"
Esco da li, frustrata, con i sensi di colpa e con un orribile centro tavola in omaggio che finirà in qualche impolverato scaffale del mercatino dell'usato.
Ci sono cascata ancora.



venerdì 21 febbraio 2014

#CIVETTIAMO, EDIZIONE MAMME, EPISODIO 13

Ecco una puntata tutta nuova di #CIVETTIAMO, totalmente ispirata agli orrori che sono abituata a vedere nella mia vita quotidiana e perciò nella mia vita di mamma. All'entrata e all'uscita di scuola, è un continuo via vai di genitori che accompagnano i figli, alcuni di fretta, altri (soprattutto alcune mamme) con molta calma. Le mamme che non lavorano, solitamente si incontrano al bar dopo aver lasciato i figli e li è un tripudio di materiale per la mia rubrica. Le loro conversazioni, di solito ricadono sui bambini, l'argomento più gettonato è quello della malattia virale della settimana. Noi mamme infatti, veniamo puntualmente avvertite della malattia della settimana, con un cartello fuori la porta della classe ed ogni volta al bar, si scatena il panico totale. Alcune, iniziano a pensare chi è mancato in classe ( io mi chiedo come fanno a ricordarsi tutti i nomi e cognomi dei compagni dei figli), e in base ad assurdi calcoli mentali, identificano il malato della settimana. Un giorno, una mamma, presa dalla fobia pidocchi, mi ha chiesto se sapessi il nome del bambino che li aveva avuti, come fosse stato un demonio da esorcizzare. Ma non perdiamoci in chiacchiere, e andiamo subito al dunque. Ci sono infatti, diverse categorie di mamme.



LA MAMMA PANTERONA: la mamma panterona, è quella  che anche a 60 anni non si sarà ancora arresa e andrà in giro con i leggings maculati e stivali sopra il ginocchio. Di solito, accompagna il figlio con una falcata degna di una passerella ma masticando a bocca aperta la gomma di prima mattina. Le extensions, tipiche delle civettiamo girls, svolazzano a destra e sinistra e si vede nettamente lo stacco con i capelli naturali ossigenati di biondo. Le unghie sono rigorosamente ricostruite con colata di cemento armato e  vernice fresca. Al bar, i muratori che alle 8.30 di mattina stanno già pranzando,  la squadrano come se non avessero mai visto un essere femminile conciato in quel modo e lei, fiera, continua a parlare della malattia virale della settimana con le altre mamme, atteggiandosi e gesticolando in continuazione con i suoi artigli fluo.

LA MAMMA SPORTIVA : la mamma sportiva adora lo zainetto. Lo zainetto è la sua borsa perenne, anche a cena fuori, anche alla prima della Scala. Zainetto forever. Perché è comodo, ci mette tutto e all'ultimo momento può sempre decidere di fare un pic nic con le altre mamme all'uscita della scuola, con biscottini e succhi di frutta comprati al supermercato biologico del quartiere, frequentato esclusivamente da lei. La sportiva non ha tempo da perdere al bar, deve correre al corso di acqua gym delle ore 9.00 con il suo inseparabile zainetto che si trasforma in una comoda sacca per piscina. Devo dire che in quei momenti di panico in cui piove e mi ritrovo a dover tenere mia figlia per mano,  l'ombrello e la borsa con l' altra e cercare di aprire la macchina con un piede, quello zainetto glielo invidio proprio.



LA MAMMA SCIATTA: Alla sciatta non je va. E' già tanto che abbia sentito la sveglia, figuriamoci se può pensare di vestirsi in modo normale di prima mattina. Fosse per lei, scenderebbe di casa col pigiama, la vestaglia e le ciabatte tanto che ce vole, è n'attimo (direbbe). Però, già che c'è, una tuta di ciniglia per accompagnare il figlio a scuola se la mette, e lega i capelli con un mollettone ricolmo di strass, che almeno secondo lei, fa tendenza.
La sciatta è così sciatta che non ha proprio intenzione di tornare a casa a fare colazione, ma fa colazione al bar con la panterona; ed è tutto uno squadrarsi a vicenda. La panterona pensa: quanto sei sciatta e brutta! E la sciatta a sua volta pensa: ammazza quanto sei trucida ! Il tutto sotto un velo di grasse e chiassose risate e caffè (al vetro) macchiati. Il discorso più gettonato dopo la malattia virale della settimana è la scelta di Uomini e Donne di Maria de Filippi.

LA MAMMA MEDIA:  la mamma media è ansiosa. Arriva quando la scuola ancora non è aperta per paura di trovare traffico. La sua priorità non è di certo il look, che si riduce spesso ad un paio di leggings neri e un maglione lungo che la insacca ma che la fa sentire almeno ordinata. Piastra ogni giorno i capelli perché col capello liscia si vede più bella oppure si liscia solo la frangia lasciando tutto il resto terribilmente riccio. Fa due milioni di domande alla maestra prima di andare via e quando va via ha comunque la sensazione di essersi dimenticata qualcosa. Solitamente la mamma media, adora fare la rappresentante di classe, sobbarcandosi di problemi immensi, come ad esempio raccogliere i soldi per lo spettacolo del mago Zurlino o quale tipo di Thun regalare alle maestre per Natale.

LA MAMMA IN CARRIERA: la mamma in carriera è quella che arriva sempre di corsa, porta il capello come la Carfagna perché lo asciuga in un secondo e nella sua maxi bag della Vuitton, sono già pronti i documenti da presentare alla prima delle trenta riunioni della giornata. Mentre accompagna il figlio a scuola, guida il suo suv e parla al telefono con la sua donna delle pulizie. A questo tipo di donne, la Hogan non manca mai. Ne hanno collezioni intere, invernali, estive, primaverili, secondo me le comprano direttamente al momento della produzione. La mamma in carriera, va pazza per Le Bebè, quel ciondolino di brillanti a forma di bimbo che si è fatta regalare dal marito il giorno in cui ha partorito, minacciandolo di morte.


LA MAMMA EGOCENTRICA: la mamma egocentrica arriva a scuola con passo deciso, trascinando il figlio verso l'entrata e parlando a voce alta per farsi sentire bene: " mamma ti ha preparato lo zainetto ieri sera, ti ci ha messo il succo di frutta e il ciambellone, l'HO FATTO IO CON LE MIE MANIII!!" Di solito la sua tenuta da scuola è jeans vintage anni 90 a vita alta con brillantini attaccati qua e la, mocassino scamosciato che col jeans mezzo scampanato è un amore, capelli secchi tipo stoppa di idraulico, borsa Guess sfilacciata di circa 15 anni prima. Età media, 50 anni. La mamma egocentrica in qualche modo è anche "figliocentrica", nel senso che secondo lei non c'è bambino  migliore del suo. Alla recita di fine anno, si presenta con una troupe di fotografi e spinge le persone per mettersi in prima fila con la fascetta del figlio, stile concerto rock.

LA MAMMA FASHION: la mamma fashion, pensa di essere realmente fashion e il suo bambino solitamente ha il nome di un profumo. Tuta Happiness leopardata infilata dentro Nike con zeppa interna, canotta bianca e camicia di jeans sbottonata, e per finire, mega borsa finta Birkin. La mamma fashion, non dimentica mai un filo di trucco: pennacchio rotante ad allungare la coda dell'occhio con eyeliner di Kiko e contorno labbra color catrame. Lancia il figlio nella classe e corre non so dove con la sua Smart rigorosamente bianca.



LA MAMMA MULTITASKING: la mamma multitasking, alle 8 di mattina ha già fatto la spesa. Accompagna il figlio a scuola con lui in braccio che piange perché non vuole andarci e con le buste della spesa riciclabili che si rompono in mezzo alla strada. Nella borsa della mamma multitasking trovi di tutto: dal vasetto di acciughe alla limetta per unghie, con lei puoi parlare di tutto ma non più di 5 minuti. Il suo look è un tentativo quotidiano di mixare eleganza e comodità con risultati disastrosi. Il cappotto appena ritirato dalla tintoria è macchiato, la scarpa ha la suola scollata, nella sua borsa gigante e piena di cose, si è appena aperta la bottiglietta d'acqua che serviva per la palestra.


lunedì 17 febbraio 2014

NUOVO BRAND: NUMERO DODICI

Quando si tratta di T-shirt, io impazzisco. E' un capo irresistibile per me, dato che solitamente, faccio una vita dove non c'è spazio per l'eleganza e per le scomodità. Per cui, spesso la mattina, infilo la T-shirt con un paio di jeans, un maglioncino o un cardigan ed esco di corsa. Ma la T-shirt è anche  quel capo che funziona da carta bianca, da colorare con la mia immaginazione e fantasia, e costruire così, il mio look della giornata, più casual o più chic, in base al mio umore e agli impegni previsti.
Così, quando il nuovo brand Numero Dodici  mi ha proposto di indossare una loro T-shirt, non ho potuto rifiutare. Questo brand, ideato da due ragazzi, crea T-shirt stampate che lanciano messaggi diretti,  freschi e perfettamente in linea con i trends del momento. La qualità del tessuto, che è una delle prime cose che noto quando mi trovo ad acquistare un capo di abbigliamento, è ottima.





La T- shirt che ha da poco compiuto 100 anni di storia, si è evoluta tantissimo nel tempo; dalla classica
T-shirt bianca in cotone usata già nei primi del novecento dalla Marina Militare Americana a quella elegantissima  in seta bianca, così amata da Giorgio Armani. Nella sua  lunga evoluzione, diventa un mezzo per esprimere chi siamo con messaggi e immagini,  e metterci appunto a nudo. Ed è proprio da questo concetto, che è nato il gioco di parole ironico del brand: attraverso il naming  NUDO.



Sul sito http://www.numerododicishop.it/ troverete tutti i modelli unisex e tutte le stampe disponibili e potrete acquistare la vostra T-shirt preferita, comodamente da casa.  Io ho scelto una simpaticissima stampa di Mickey Mouse, che a quanto pare sarà un must have della prossima stagione. Trovate Numero Dodici anche su Facebook ed Instagram, seguiteli per rimanere sempre aggiornati su tutte le novità!

Buona settimana a tutti!



giovedì 6 febbraio 2014

ARTHUR ARBESSER A/I 2014-15 #ALTAROMA

Una delle collezioni che ho sicuramente apprezzato di più tra le poche a cui ho avuto il piacere di assistere in questa edizione di Altaroma, è stata quella di Arthur Arbesser; un giovane viennese che ha lanciato il suo marchio nel 2012 e che lo scorso anno ha vinto il concorso dedicato ai giovani emergenti Who's on next, patrocinato da Vogue e Altaroma. 
Lo stile di Arbesser, è molto vicino alla mia idea di moda, qualcosa che faccia sognare e allo stesso tempo, sia perfettamente in sintonia con la quotidianità. 
paperblog.it


Ispirandosi allo street style londinese e agli anni 80, Arbesser non ha deluso le aspettative, proponendo capi per una donna androgina, realizzati con materiali inediti, come i pantaloni in organza di seta, t-shirt in eco pelliccia e cappotti in alcantara. Un must della collezione, la scelta delle stampe con grafiche anni 80, mixate con forme più attuali, tutto rigorosamente indossato con scarpe Dr. Martens, dal giorno alla sera. 

paperblog.it

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pianetadonna.it

Dopo aver studiato al  Central Saint Martins College of Arts and design a Londra, il giovane Arbesser, si trasferisce a Milano, dove inizia il suo percorso lavorativo da Armani; una scuola lunga 8 anni che lo forma a pieno nella sua carriera di stilista. Ancor più difficile, dopo una scuola simile, trovare una propria strada da seguire. Arthur Arbesser, riesce però nel suo intento, trovando ispirazione soprattutto nelle culture giovanili. 
Il segreto del successo di uno stilista come Arbesser, è quello di mantenere una propria linea, proponendo però, elementi innovativi, che ad ogni collezione, creano il giusto mix tra sportwear e glamour. 



giovedì 30 gennaio 2014

L'ALTAROMA DI UNA BLOGGER QUALUNQUE

Notte insonne, due occhiaie e quattro brufoli. La mia AltaRoma è iniziata (e finita così). La mattina ho scelto quello che avrei indossato al buio, ma con il piccolo aiuto della mia App "Torcia ". Un look più anonimo del solito, per passare inosservata e per questa volta, divertirmi ad osservare.
Scarpe basse per non cadere dai tacchi e correre felice da una sfilata all'altra come se nella vita non facessi nient'altro e poi, una borsa grande per mettere le duecento milioni di cose che non puoi mettere in una clutch. Ciao eleganza! Ciao.



A parte il piccolo ed insignificante dettaglio di sentirmi sempre la Bridget Jones di AltaRoma, con l'unica differenza che faccio finta di bere champagne perché mi fa schifo l'alcol e che non fumo e perciò non ho niente per cui atteggiarmi, la mia mezza giornata dedicata all'alta moda è andata bene.
Nessuna figuraccia, non sono caduta, non ho litigato con nessuno e tutto è filato liscio (o quasi).

Alla prima sfilata entro con il mio pass da blogger, che forse è stata l'unica cosa per cui mi sono potuta dare un tono e la mia bellissima macchina fotografica che ho difeso più di una volta anche in circostanze a rischio vita. Io e la mia collega, ci mettiamo nella postazione fotografi che è l'unica in cui si possono fare foto decenti e subito arriva lo staff a cacciarci perché si vede lontano un miglio che non siamo fotografe. Anche questa volta ho perso la speranza di fare foto senza teste davanti, e ovviamente, anche questa volta tutte le mie foto sono con le teste davanti. Ci mettiamo in una postazione laterale e iniziamo a tentare di far foto; dietro i commenti dei signori fotografi: " eh... mo so diventati tutti fotografi...." .UN CLASSICO.

Inizia la prima sfilata, San Andres, e mentre la musica alta suona e le modelle sfilano, io continuo a barcamenarmi tra l'ingombro della macchinetta, il cellulare e il testone da matto di quello davanti che continua a muovere la telecamera su e giù. In questo caso si, ci volevano i tacchi.



All'entrata della seconda sfilata, proprio quando stavo presentando il mio pass allo staff, si intrufola Bryan Boy, Star di questa edizione di AltaRoma, super fotografato e paparazzato da tutti  e che per l'occasione ci ha deliziato con con un sobrio completo grigio.
E' chiaro che Bryan Boy sta saltando la fila e che mi vuole passare avanti, perché lui è Bryan Boy, amico della Ferragni e compagnia bella, gira il mondo senza fare un bel niente e invece IO NO. Ma alla ragazza dello staff non importa di Byan Boy e probabilmente non sa nemmeno chi sia e gli dice abbastanza alterata:
  " Just a moment, PLEASE". Sei grande ragazza dello staff.

Questa volta ci mettiamo sedute al nostro posto da brave blogger e guardiamo la sfilata di Sarli.
Io continuo ad alzare la macchinetta fotografica, rischiando la rottura del tendine e  tentando di far uscire UNA e dico UNA foto normale.
Poi mi arrendo e inizio a fare vari video su Instagram che non so perché, ma hanno risultato favoloso.

La gente importante, la gente che conta, è tutta seduta in prima fila e l'età media è di 80 anni: è un tripudio di pellicce e dentiere. Alla fine della sfilata di Sarli, tutto lo staff esce in passerella, una cosa che da quanto ho capito, succede raramente. Poi la sala è invasa da fotografi, giornalisti e persone da intervistare.

Io tento di uscire con classe dalla mia pessima postazione, ma ci devo rinunciare, c'è troppa gente; scavalco con tutta la mia nonchalance da scaricatore di porto. Finalmente andiamo al bar per una breve pausa, che mi fa pensare che alla fine vedere tutte queste sfilate in realtà sia più stressante di quello che si pensa. Stare con la faccia tirata tutto il giorno, sperando di non finire su qualche blog degli orrori, è una cosa molto impegnativa. E poi al bar, o alla toilette, mentre stai per farti la pipì sotto, vedi loro: le VERE BLOGGER.

Le vere blogger, sono soprattutto le FASHION BLOGGER. Quelle che ogni mossa è perfettamente studiata da casa e che non hanno mai un capello fuori posto, quelle che Dio solo sa dove hanno seppellito i loro 5000 cambi d'abito per la giornata, quelle che a qualsiasi evento vai, a qualsiasi buco del mondo e a qualsiasi orario, loro sono accreditate e sono li, bellissime, curatissime, e soprattutto senza occhiaie.

Al bar, scopro con piacere che il cappuccino è GRATIS e mi ci vuole proprio per riuscire ad aprire gli occhi che gradualmente tendono a chiudersi. La vera blogger, ha già instagrammato anche il cappuccino, io invece, è già tanto se vengo notata dal barista perché non arrivo nemmeno al bancone.
Incontro le mie amiche di blog, ovviamente nella mia stessa condizione: " Giuro che domani mi laverò i capelli", " come sono venuta su questa foto ?", " ma quella non è la blogger che sta ovunque?" , " ma il cappuccino si paga?" . Io lo dico sempre che se vai con lo zoppo, impari a zoppicare.
Non ci riusciamo proprio a fare discorsi tipici da fashion week.

Da sinistra a destra: Martina di http://www.leffimero.it/- Annalisa di http://sofiesmug.altervista.org/blog/- Isabelle di http://www.unosunove.com/ e Maria di http://www.city-murmur.com/



Ma non c'è molto tempo da perdere; sta iniziando un'altra sfilata, Arthur Arbesser, l'ultima della giornata per me. Stavolta l'entrata è veloce, non c'è nessun Bryan Boy che mi vuole passare avanti e riesco a mettermi in seconda fila .Ma eccolo di nuovo,  Bryan Boy mi sta davanti e parla con una ragazza che si è buttata l'armadio addosso,PEGGIO DI ME.



Rinuncio definitivamente a fare foto. Anzi, improvvisamente, voglio rinunciare proprio alla giornata, perché mi è salito un certo appetito. Guardo l'orologio e sono le 15.00,  non è appetito è FAME NERA.
Con le ragazze usciamo dal complesso e ci infiliamo nel primo buco che ha l' aria di far panini e non volendo ci ritroviamo da LIKEAT, forse il posto in cui ho mangiato il panino più buono del mondo: pane cotto a legna, fontina, speck, pomodori secchi e miele. DA SVENIMENTO.

Torno a casa, mi levo le scarpe e sprofondo sul divano. Do un'occhiata alla mie foto sfocate e TUTTE con le teste davanti: ci risiamo, anche questa, è stata la mia solita AltaRoma. Ripenso alla giornata, e a chi me lo fa fare a stressarmi così la vita.  Non è che me l'ha ordinato il dottore eh, io sto qui scrivo di moda e probabilmente non succederà mai niente di più di questo. Però io non ci voglio rinunciare.
E se invece succedesse qualcosa ? E se invece un giorno, riuscissi a fare foto senza teste davanti?
La prima fila è li, tocca solo guadagnarsela.



Nicoletta


















martedì 21 gennaio 2014

LE MIE VECCHIE NIKE AIR, LA FINE DI UN'ERA.

2005. Il mio primo lavoro, trovato alla consegna del secondo curriculum; roba da metterci la firma col sangue oggi come oggi. E poi, quel caldo soffocante dell'estate romana passata non in vacanza con gli amici, no, ma a fare la commessa da Intimissimi. Nonostante la sfiga che sembrava essersi scagliata contro di me e con tutta la sua forza, devo dire che quel lavoro mi piaceva abbastanza. Lo stipendio arrivava puntuale e puntualmente, io lo avevo speso li dentro. Praticamente lavoravo per pagarmi pigiami.

Il primo giorno in quel negozio fu una tragedia, tornai a casa con un dolore allucinante ai piedi e alle gambe e il giorno dopo, in pausa pranzo, andai a comprare delle scarpe COMODE. Entrai da Foot Locker, il regno dei commessi vestiti da carcerati e dei " Ti posso aiutare?", "Ti serve qualcosa?" , " se hai bisogno chiedi". Non potevo nemmeno avercela con quei ragazzi, visto che ora facevo il loro stesso lavoro. Anche la mia giornata era piena di "Ti posso aiutare?".
Ero alla ricerca delle scarpe che mi avrebbero salvato la vita in quei giorni e girando per il negozio, non vedo niente di che. Poi in fondo al negozio, nel reparto bambini, la luce. Nike Air, belle, e così demodè. Le provo e sono come me le aspetto, COMODE. Vado alla cassa per pagarle e parte la famosa frase Foot Locker che mi inchioda: " vuoi acquistare anche la nostra comoda soletta?" .
Se c'è qualcuno che non ci è mai cascato, lo voglio conoscere.
La comprai, CHE DOMANDE.

bombaliberatutti.blogspot.it

La mia estate in negozio procedeva per il meglio, le mie vendite andavano bene, i miei capi erano fieri di me e i miei pigiami aumentavano sempre di più.
Io e le mie Nike Air eravamo diventate inseparabili, stranamente le indossavo anche di sera. Avevo trovato inconsapevolmente il look della mia vita: maglietta nera, boyfriend jeans della Diesel, e le mie Nike. Si che bello, mi vestirei così anche a 80 anni, ad arrivarci.
Ed è proprio grazie a quelle scarpe che la mia vita cambiò. Le scarpe per me sono proprio quello, una metafora di vita e  lo specchio della persona che sei. Solo dal modo in cui le allacci, si capisce già se vai di corsa o no, se dai più importanza ad apparire o ad essere o se non ti importa proprio di allacciarle e se cadi amen.
Le scarpe possono far innamorare una persona di te, a volte.

Ne abbiamo fatta di strada insieme, anche se poi ad un certo punto le avevo riposte in fondo alla mia scarpiera. Il piede con la gravidanza si era gonfiato troppo e non mi entravano più.
 Da qualche giorno invece, le avevo rimesse ai piedi: ancora belle, stranamente attuali, e sempre comode.
Poi, ieri, LA TRAGEDIA.

Forse è stata colpa del calzino marrone. 



Chiaro segno del destino. La fine di un'era. Non scherziamo, io ho comprato queste scarpe quando il mondo indossava Adidas Galaxy e le Gucci con logo a vista. Io indossavo loro e il mondo sembrava essere più leggero da attraversare. I lacci che più di una volta ho provato a non mettere in bella vista e le scarpe slacciate che mi facevano venire la tallonite. E invece no, le scarpe vanno allacciate, a casaccio, come viene, con la linguetta un po storta. Anche la vita bisogna prenderla come viene.

Se volessi, potrei provare ad aggiustarle, con un po di Super Attak oppure tenermele così per sempre, ROTTE. Ed ecco qui, ancora un altro dilemma. Guardare al futuro senza timori, aggiustando il possibile e continuare a camminare, o riporre i sogni nel cassetto, non camminare più e ricordare il passato con quella nostalgia che solo le scarpe rotte sanno dare.



giovedì 16 gennaio 2014

QUELL'AEREO PER MOSCA.

Era una mattina come tutte le altre di qualche mese fa. Come al solito, durante la mia colazione frettolosa ma mai troppo per guardare il telefono, apro la mia casella mail e leggo il mittente. Una donna, russa.
" Ciao Nicoletta, forse non ti ricordi di me, ci siamo conosciute ad AltaRoma, sono l'organizzatrice della fashion week a Mosca e saremo lieti di averti con noi per la prossima edizione che parte tra due settimane. " SUDO FREDDO.

Inizio a pensare. Si, mi sono ricordata di lei, ci trovavamo in quella stupenda terrazza dell' hotel Baglioni in Via Veneto (lasciatemelo dire, non capita tutti i giorni). Poi il vuoto. Ma perché ha scritto proprio a me? Allora vedi, serve a qualcosa sbattersi da un evento all'altro facendo finta di non essere stanca, serve a qualcosa lasciare biglietti da visita in giro come se non ci fosse un domani e instagrammare il mondo, nella speranza che qualcuno vada a finire sul mio blog per caso e ne rimanga per qualche strano motivo affascinato.

Stranamente, non rispondo subito e nel frattempo continuo a pensare. Sarà una bufala? Fammi documentare su questa fatidica fashion week di Mosca, peraltro mai sentita nominare.
Internet è uno strumento affascinante e infernale. In un attimo sei dall'altra parte del mondo e ci vorresti anche rimanere, con l'immaginazione si intende. Perciò in un attimo sono (su Internet) nel bel mezzo della fashion week di Mosca, con un miliardo di fotografi, modelle, giornalisti, con un freddo allucinante e anche perché no, con un colbacco in testa.
Ho anche iniziato a fantasticare e già l'idea di avere la possibilità di prendere un aereo e viaggiare per fare una cosa che amo, per cui mi sono impegnata e per cui non ho avuto aiuto da nessuno, beh questo, già mi rendeva felice.

Chiamo la mia amica. Lei conosce bene le dinamiche della comunicazione e non solo perché parla perfettamente l'inglese, ma perché per lavoro, manda mail tutto il giorno e in tutto il mondo. Mi da subito consigli stratosferici OVVIAMENTE.

Quello che mi preoccupava era il fatto di non sapere se l' invito presupponesse un viaggio pagato da loro o meno. Non mi trovavo proprio nella condizione di poter spendere soldi per un viaggio a Mosca improvvisato che richiedeva anche un visto, non sono proprio la Ferragni della situazione, ECCO.



Quindi prendo coraggio e umilmente, chiedo alla donna russa questo piccolo dettaglio pratico. Lei mi risponde che avrei avuto un autista a disposizione per gli spostamenti e che per una settimana avrei avuto una stanza in hotel a 5 stelle nel centro di Mosca. Il volo, il visto e le spese, tutte le mie. Inutile dirvi che fossi stata in un'altra situazione, e se non mi fossi trovata in Italia, nel bel mezzo di una crisi economica che ha investito tutti e soprattutto il campo in cui lavoro, avrei prenotato il primo volo disponibile per Mosca nel giro di 24 ore.
Seguire i sogni non è facile. Non è svegliarsi una mattina, ricevere una mail del genere e decidere di sfruttare l'occasione che non sai se tornerà. Bisogna essere maturi, valutare le scelte, saper ponderare la realtà. E poi a volte purtroppo bisogna avere  il mezzo, che non è solo la determinazione, la volontà e l'entusiasmo, ma il maledetto Dio denaro. E' per questo che quando qualcuno arriva al successo senza alcun mezzo, mi emoziono di più.

Comunque, tanto per non buttare al vento l'occasione, provo a fare qualche chiamata, e senza entrare troppo nei dettagli, vi dico che non sono riuscita a trovare i soldi necessari per partire.
Rimaneva il problema di dover rispondere a quella ragazza tanto gentile, che aveva pensato a me per la Mercedes fashion week. Cosa fare? Inventarsi una cavolata e fare la snob dicendo di avere già mille impegni per quella settimana, o dire semplicemente la verità?

Sono convinta che la verità, e soprattutto la trasparenza, ripaghino sempre, soprattutto nel mondo della moda, dove tutto è stra finto. Così, ho scritto che non avevo la possibilità di pagarmi il viaggio.
Ho pensato che la ragazza non mi avrebbe più risposto. E invece dopo un po mi risponde che avrebbe fatto di tutto pur di farmi pagare anche il volo e le spese dall'organizzazione e che avrebbe parlato col suo direttore per avermi li.
CASPITA STI RUSSI. CASPITA, LA VERITA' QUANTO RIPAGA A VOLTE.

Aspetto per giorni una sua risposta, giorni che diventano una settimana e settimane che erano diventate quasi un mese. Poi una mattina, a pochi giorni da quella che dovrebbe essere stata la mia partenza,  la risposta.

"Ho parlato con il direttore della Mercedes Benz Fashion week, per questa volta non possiamo pagarti il viaggio, ma per la prossima ci muoveremo per tempo per averti qui tra noi".

Una risposta che lascia il dubbio. Ma lascia anche la speranza di poter realizzare un giorno quel sogno di partire all'estero grazie a quello che scrivo.
Una cosa è certa, che la ragazza russa mi ricontatti o no, io ho detto la verità, e questo non ha significato aver rinunciato ai miei sogni ma semplicemente aver valutato  la situazione per quella che era. Ah, anche un'altra cosa è certa. Che non sono partita per la Russia; e ogni tanto mentre sono in macchina, nel traffico di Roma, stressata e  nervosa, mi piace immaginarmi li, seduta e soddisfatta, su quell'aereo per Mosca.




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lunedì 13 gennaio 2014

CIVETTIAMO, EDIZIONE PITTI UOMO

  Questa è un' edizione speciale di Civettiamo dedicata al Pitti Uomo, che come ogni anno e sempre di più, ci offre spunti per capire quanto la moda a volte, possa sfiorare il ridicolo. E il Pitti arriva ogni anno puntuale su questo, insieme a blogger, buyers e giornalisti affamati di visibilità e che per quest'ultima sarebbero disposti a travestirsi anche da orso Yoghi. I look stravaganti sembravano essere una sola prerogativa femminile nelle fashion week, ma ci sbagliavamo di grosso. Anche l'uomo, (e di uomo rimane ben poco), invidioso delle scelte di stile femminili, si è dato da fare, pur di esserci e mostrarsi.
Perciò se sei un uomo e hai intenzione di partecipare alla prossima edizione del Pitti Immagine ma non sai come comporre il tuo look, ecco alcune regole.
Sembrano complicate ma in realtà sono semplici e didascaliche:

1- Indossa tutto ciò che nel quotidiano non indosseresti MAI.
2- Scegli un cappello, il più brutto in commercio.
3- Indossa un panciotto, possibilmente con orologio da taschino.
4- Indossa calzini colorati. Devono cozzare con tutto il resto.
5- Fatti crescere la barba, più o meno come nel Quarto Stato (allego foto)

Pitti Uomo edizione 1


Altrettanto importanti, sono alcune norme di comportamento:

1- Allenati ad avere uno sguardo misterioso.
2- Cammina solo dopo esserti accertato di saperlo fare con un giornale sotto braccio e stando contemporaneamente al telefono con chissà chi.
3- Se arrivi al Pitti in bicicletta, è meglio.







Paperino chi?




(Pitti Immagine.it)- (Grazia.it)- (MarieClaire.it)

La moda è fatta anche per osare, intendiamoci. Ma un conto è aspettare la settimana della moda per travestirsi da giullare di corte, un conto è fare questa scelta OGNI GIORNO. Ed io onestamente non credo che questi bei faccini si vestano così nel quotidiano. Ma c'è altro. A me l'uomo così fa solo ridere. Spesso invece, nell'essere leggermente più anonimi e  nelle scelte più semplici, si nasconde il vero stile e anche il vero uomo. Amen.


giovedì 9 gennaio 2014

KIM KARDASHIAN ED IL SUO SEDERONE GIGANTE

Eccoci qui, 2014. Un altro anno volato via come niente. Ho salutato il 2013 con nostalgia perché è stato l'anno dei miei 30 anni non festeggiati, quei 30 anni che mi sembravano troppi e per cui non c'era niente da festeggiare. Invece ora che sono già nel 2014, mi sembrano tutto sommato pochi e mi è tornata la voglia di festeggiarli. MA E' TROPPO TARDI,  DOVRO' ASPETTARE I 31.

Nel frattempo, il mese di dicembre è stato il mese dei continui, chissene della dieta, chissene della palestra, chissene della pancia, TANTO POI C'E' GENNAIO. 
Non voglio risultare fastidiosa e voglio essere onesta col mondo. Io sono magra, non ho grossi problemi di peso, anzi a dirla tutta, sarei sotto peso. Il  problema è che la ciccia sul mio corpo si distribuisce proprio male. Se mangio a cavolo per una settimana, la mia pancia diventa un pallone, la gente inizia a farmi gli auguri per una gravidanza che non c'è, mentre le gambe continuano ad essere degli stecchini. Insomma, ad ognuno le sue croci, quando si tratta di chili in più, chili in meno, ciccia distribuita male, ecc. Quindi qualunque sia il vostro problema, vi capisco. Vi sono vicina se a dicembre vi siete scofanate panettoni tra un mercante in fiera e l'altro oppure se vi è capitato di far colazione più di una volta con carciofi fritti in pastella avanzati della sera prima.

Mi sembrava doveroso salutare il 2013 con una buona dose di grassi nel corpo, perché loro si che mi rendono felice. Poi il 07 gennaio, stavo giusto valutando di prestare più attenzione alla linea e di partire nel 2014 col piede giusto, quando su Instagram vedo lei:






Lei e il suo culone gigante, lei e quel baule che sarebbe in grado di twerkare con Miley Cirus a 2 chilometri di distanza, lei e quella fierezza nel portarselo a spasso ed esibirlo come fosse la cosa più bella del mondo.  E noi qui, a programmarci la dieta fino al prossimo anno.

Kim Kardashian, la sorella meno sfigata del famoso trittico Kardashian, è il classico esempio di come negli Stati Uniti si possa diventare famosi per niente. Dopo essere stata la protagonista assoluta del reality, girato proprio con la sua famiglia "Al passo con I Kardashian", aver fatto una marea di apparizioni in tv, spot pubblicitari e una linea di moda, si fidanza con Kanye West, con cui da alla luce una bambina chiamata North.

LIFESTYLE.TISCALI.IT


Durante la gravidanza, Kim lievitava a vista d'occhio ogni giorno, e con lei il suo culone.
Subito dopo il parto, oltre ad aver chiesto al suo ginecologo di poter mangiare la placenta della sua stessa pancia (pratica diffusa negli USA) ed  oltre a farsi dare una tiratina al viso dal chirurgo, si è fatta fare  una bella liposuzione.
Mi domando a che livello di sfacciataggine poteva essere il suo culone  prima dell'intervento.
Lei mangia carboidrati CRISTO SANTO! Insomma, non trovo giusto che giri così disinvolta con quel culone da marziana; non può indossare una splendida gonna Lanvin a rischio esplosione, mentre noi compriamo quintali di tè verde al Conad.
NON e' GIUSTO.



Ma le foto di Kim sul web mi hanno portata ad una riflessione.
Se  state decidendo di mettervi a dieta, ma non siete ancora convinte, oppure siete già a dieta ma avete paura di sgarrare e pensate di non farcela, tranquille. Pensate a lei, al suo culone gigante e vi tirerete immediatamente su.

La verità è che il suo sederone mi sta troppo simpatico e mi sta simpatica anche lei con la sua ciccia grassa e strabordante che da una speranza a tutte. Chi l'ha detto che le donne in carne non possano essere belle, anzi più belle di quelle magre? Chi l'ha detto che una donna in carne non si possa vestire alla moda?  E anche se non permetterò a quel culone di femare la mia missione sul mangiar sano, che non è dieta, ma uno stile di vita,  mi ricorderò di lui ogni volta che avrò una tentazione, perché a me Kim piace così, gonfia come una zampogna.

Quindi grazie a Kim! E soprattutto, grazie al suo culone.


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